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VIOLENZE, ABUSI E RELAZIONI MALTRATTANTI

Quello delle Violenze e degli Abusi è il luogo entro cui si costruiscono e si applicano stili relazionali maltrattanti. Non vi sono persone escludibili dal diventare vittime di violenze e maltrattamenti. La vittimologia mette in luce persone, atti, relazioni e dinamiche che sono individuabili in tutti i contesti sociali. Non si possono fare distinzioni di gravità tra le diverse forme di violenza o distinzioni valoriali tra i sessi: ogni individuo (uomo o donna che sia, bambino, adulto o anziano) oggetto di abusi e violenze è definibile vittima; fortemente traumatica e destrutturante è l’esperienza di cui è oggetto.

LE RISORSE UMANE

L’ambito delle Risorse Umane è quello che opera sul riconoscimento, la definizione e lo sviluppo delle caratteristiche e abilità di una persona, effettive o potenziali. Nella pratica, la gestione delle risorse umane prevede il riconoscimento delle peculiarità dell’individuo e la loro collocazione e il loro utilizzo con modalità che possano massimizzarne gli effetti costruttivi. Lavorare con le risorse umane in ambito di consulenza, di orientamento, di formazione o di terapia consente di ampliare le possibilità dell’individuo di esprimere se stesso, la sua capacità di funzionamento ottimale e di adattamento sano e permette di orientarne la realizzazione personale.

QUALE PSICOLOGIA

La Psicologia, per definizione, è la scienza che studia la psiche e l’animo umano e cerca di definire le leggi che regolano il comportamento. In realtà è una disciplina dalle competenze ampie, riferibili a tutto al funzionamento dell’individuo dal punto di vista strutturale di personalità, affettivo e relazionale, mentale e di sviluppo. Studia il rapporto tra i pensieri, le emozioni, le percezioni, le rappresentazioni e i comportamenti degli uomini, senza trascurarne le capacità personali di adattamento e di resilienza. Sostiene una visione integrata dell’uomo in reciproca influenza con il proprio ambiente. Non sono esclusi dall’interesse psicologico gli aspetti relativi alle abilità di adattamento, di attaccamento e di soddisfacimento dei bisogni (che non sono solo quelli primari).

COS'E' LA SESSUOLOGIA

La Sessuologia è una branca della medicina e della psicologia che si occupa della sessualità e di tutte le dinamiche ad essa connesse. Approfondisce le tematiche legate al benessere sessuale e interviene in modo specialistico nel trattamento delle disfunzioni sessuali. Si occupa dell’identità di genere e del suo sviluppo normale e patologico, degli aspetti culturali della sessualità, della fisiologia della sessualità umana e delle relazioni individuali e di coppia. Grazie a queste conoscenze predispone la formazione di una buona educazione sessuale, lo sviluppo della sessualità soggettiva e il recupero di una vita sessuale adeguata quando questa viene inficiata da eventi psichici o fisici che ne deteriorano la pratica e la fisiologia.

GENITORIALITA' TRA DESIDERIO, REALTA' E DIFFICOLTA' DI PROCREAZIONE

La maternità, quella reale ma anche quella potenziale e idealizzata, è una delle espressioni della femminilità. È però strettamente legata alla paternità, quale espressione della mascolinità e virilità di uomini che si sentono “capaci” se, al momento giusto, riescono a completare il loro compito fecondativo. Per molte donne è la realizzazione e il completamento evolutivo della loro identità.
Un processo fisiologico e vitale, veloce e naturale, la cui esistenza è sentita come la logica forma che prende il ciclo della vita in una delle sue fasi.
Quando però la maternità diventa attesa, quando viene negata, quando cambia nome e diviene infertilità, la logica dell’esistenza diviene meno logica, viene minato uno dei pilastri dell’identità femminile.
Il corpo diventa “ostile” ai propri desideri, non collaborativo, come la natura che si riprende le sue regole a beffa del tentativo umano di controllare il proprio destino.
Quello della fertilità è un processo antico, scontato, selettivo e salvifico. È un processo fisiologico di salvaguardia delle generazioni e a questa salvaguardia quasi ogni donna e ogni uomo vuole partecipare, nel desiderio di far ereditare il proprio cognome, di creare quella continuità che sia espressione dell’amore di una coppia o di un bisogno personale, di dare vita a quella creatura che anche semplicemente abbia gli occhi di papà e il sorriso di mamma. I figli ereditano i nostri progetti per loro e la spinta a creare continuità dopo di noi. Quando la fertilità si trasforma in un impegno, un obiettivo, quando viene medicalizzata, la persona (e la donna in particolare) non la vive più come un processo possibile ma indispensabile. La disfunzione (vissuta come malattia) prende il sopravvento sulla persona e questa si identifica con essa. L’attesa, la disillusione, le parole che etichettano e feriscono, le domande senza risposta prevalgono e ritmano il tempo che scorre; talvolta i due mondi, quello maschile e quello femminile della coppia, si disgiungono. Si cercano le diagnosi come punto di partenza, ma la vera diagnosi la offre il destino al termine della vita, con l’esito dei percorsi intrapresi.
Il percorso medico della “cura” di questi blocchi diventa spesso sconfortante e segue il tono arreso e scarsamente incoraggiante di Specialisti che cercano di intervenire con quello che la medicina offre, non ricordandosi quanto sia importante il lato umano e il sostegno psicologico per vivere con equilibrio la realtà e la maternalità. Ciò che dà più sconforto alla coppia infertile è il vedere che il mondo va avanti incurante del loro blocco, veloce rispetto alla lentezza del loro sentire, del loro aspettare, del loro fare. Il mondo presenta sempre una panoramica della mancanza, di ciò che dà dolore nella sua assenza. La donna con difficoltà di procreazione “vede” bambini ovunque, “incontra spesso” donne con il pancione, coppie preoccupate per il cambiamento che la genitorialità comporta.. ma comunque coppie NEL cambiamento.
La difficoltà di procreazione diventa fertile nella propensione all’isolamento sociale, al ripiegamento su se stessi e sul proprio “difetto”. È il circuito del dolore e lo svilimento dell’imperfezione. È la vita in un mondo in cui la maternità è facile per molti ma non per tutti.. in cui il mondo sociale che ruota intorno alle coppie infertili si prodiga in consigli, giudizi, considerazioni superficiali e inutili, come a svelare un problema relazionale e comunicativo di fondo. A ricordare che è più facile commentare le scelte altrui piuttosto che guardare alla propria vita.. e chi commenta di più sono le donne che hanno avuto figli.
La mancanza di un figlio desiderato fa sentire la donna e l’uomo esclusi dalla “catena generazionale”. Questo isolamento sociale porta la coppia a vivere con disagio la condivisione di spazi ed esperienze con chi è più felice di loro. La vera infertilità è quella sociale. Quanto meno la donna infertile è realizzata, tanto più sentirà il sacrificio della sua rinuncia, l’impotenza di fronte al suo “difetto”, la percezione di non essere capita nei suoi bisogni più profondi. La vita ruota intorno all’ovulazione e al “se fossi..” in un estremo tentativo di autocontrollo di un corpo e di un processo che è totalmente in mano alla natura della riproduzione che si realizza nel silenzio. L’ansia, la speranza, le emozioni e i pensieri non rispettano le regole del silenzio.
L’infertilità è spesso prolifica di ferite psicologiche, di insicurezza e di tentativi di soverchiare  l’onnipotenza della fecondazione. È una prigione psicologica in cui sembra impossibile desiderare qualcosa di diverso dell’avere un figlio. La coppia e le sue pratiche spesso diventano mero strumento concezionale, ma il desiderio ossessivo e la rigidità psichica fungono da anticoncezionale. La sessualità si disgiunge dal piacere.. rimane ben poco del gioco erotizzato dell’intimità. La coppia diventa un’enciclopedia vivente di competenze mediche e di strategie facilitatrici.
L’unica facilitazione è invece quella a carico della distorsione dell’immagine di sé, della propria identità incapace di fare “la cosa più facile del mondo, che anche gli animali sanno fare..”.
D come Desiderio – D come Dolore.. come due immagini lunari, occupano quasi tutti gli spazi emotivi.
La difficoltà di procreare rimanda solo a se stessi, è uno specchio di quello che siamo e che abbiamo fatto per noi nella vita (tra impegni, stress e sacrifici); rimanda ai bisogni profondi, a quel desiderio indiscutibile che si nutre da solo e che nutre la più grande paura. Smonta, un pezzo alla volta, i programmi di una vita, l’immagine del proprio destino spesso costruita fin dall’infanzia con i “quando sarò grande”; mette a soqquadro la scala dei valori e quella delle priorità. Si corre il rischio di perdersi.. ci si perde di vista e si perde di vista la coppia. Ci si spegne di fronte ad un unico obiettivo.
È importante invece ricordarci di noi e di tutto ciò che è possibile fare e diventare nell’attesa di realizzare, se possibile, la genitorialità.
Si può partire dalla base: noi, la nostra coppia, la nostra autostima, i bisogni, le credenze, le emozioni, le scelte. Tutto ciò che fonda la nostra esistenza su un piano di realtà. E poi ancora, la cura del corpo e il prendersi cura di sé: il prendersi cura di un corpo che non ci boicotta, che non complotta contro di noi, ma che esprime il disagio al posto nostro; un corpo che somatizza il nostro malessere ma che è anche il corpo come dono di sé all’altro, al partner e al figlio desiderato.
È la cura dell’accogliere e del donare che ci riporta alla capacità generativa, nel silenzio, perchè è nel silenzio che il corpo si presta a sostenere una nuova vita.